gennaio 2014

Gian Carlo Bertoni: Imprese italiane, quando le dimensioni contano

Gian Carlo Bertoni, esperto di internazionalizzazione, riconduce al sottodimensionamento delle imprese italiane gran parte dei problemi di quelle realtà e in particolare quelli legati all’internazionalizzazione. «Le nostre Pmi, rispetto al livello europeo – ha infatti spiegato Bertoni a Big&Small sesta edizione – hanno in più innanzitutto il problema dell’accesso al credito. Il Ministero dello Sviluppo economico, in un’indagine di qualche tempo fa sul tema, ha registrato che solo il 6% delle imprese francesi e belghe hanno questa difficoltà, mentre le italiane sono al 21% e la media europea è 14. Questo è quindi uno dei vincoli allo sviluppo internazionale che è uno dei drive della crescita. Il processo di internazionalizzazione deve inserirsi in un contesto generale che non lasci le imprese senza una rotta, mentre manca una politica economica in questo settore ormai da troppo tempo. Lascia perplessi il gap tra quanto è stato investito negli ultimi 30 o 40 anni per l’uscita dall’Italia delle imprese, quindi per la promozione dell’export e per le fiere, e quanto tutto questo ha effettivamente portato nel cambiamento globale e quindi nel riposizionamento sui mercati».

 

 

«Le imprese che hanno internazionalizzato sono quelle che hanno risposto meglio alla crisi, le imprese che hanno internazionalizzato muovendosi su mercati diversi hanno resistito ancora meglio. Il problema – ha aggiunto l’esperto – è come può fare la piccola impresa a operare su più mercati contemporaneamente e non solo per le difficoltà finanziarie, ma anche per la disponibilità di personale. Quindi il problema è la crescita dimensionale delle imprese. Ritengo che c’è un’internazionalizzazione possibile per tutti, ma deve essere frazionata e dimensionata sulle micro, piccole, medie e medio-grandi imprese italiane. Non le si può mettere tutte insieme. Anche gli strumenti che vengono messi a disposizione dal sistema pubblico italiano non fanno una distinzione di utilizzo in funzione della dimensione».

«Il problema della crescita per le nostre imprese è anche qualitativo – ha spiegato quindi Bertoni - Se sfogliamo il World Investment Report vediamo che c’è un gap di competitività tra le imprese italiane e la media delle imprese europee che è significativo e questo gap nasce dal problema del riposizionamento nella catena di valore in cui noi stiamo perdendo dei pezzi. Attrazione di investimenti non vuol dire sostituzione della proprietà di capitali nei pacchetti azionari, ma vuol dire anche over and above, ossia portare investimenti nuovi in quei segmenti produttivi in cui siamo carenti. Una nuova fabbrica di scarpe non ci serve e non ci serve neppure che un indonesiano venga a comprare un supermercato. Ci serve la capacità di attirare in maniera molto selettiva e qui ci servono delle professionalità che noi non abbiamo formato, professionalità per andare a fare scouting in giro per il mondo e convincere un investitore straniero a investire da noi».

«Si dovrebbe cercare di rimuovere i limiti alla crescita dimensionale delle imprese, cioè l’impresa è un organo vitale come una pianta o un essere umano. Tutti noi nasciamo piccoli e poi diventiamo grandi, questa stranezza biologica della Pmi che rimane sempre piccola e rimane sempre media andrebbe meglio spiegata. Condizionamenti esterni? Probabilmente sì. Però se sei piccolo ragioni male con la banche, hai problemi di indebitamento e di esposizione e sull’internazionalizzazione hai la vita più difficile. Anche il problema del rafforzamento delle strutture è figlio della dimensione. È chiaro che la grande impresa dispone di risorse professionali qualificate che le consentono di sapere come utilizzare tutta la finanza, quella a mercato e quella agevolata, nazionale e sovranazionale, costruire risposte, fare scouting, trovare opportunità di mercato, individuare il pacchetto finanziario coerente con la soluzione, portare a casa il business. Questo non è semplice – ha concluso -, ma è ancora meno semplice per la piccola e media impresa che ha carenza di professionalità. È un problema di advisor. In Italia c’è un problema molto forte di consulenza, di accompagnamento delle imprese, di affiancamento delle imprese con competenze professionali».

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