dicembre 2013

Giorgio Santambrogio: Consumi e consumatori non esistono più

«Il mio mestiere non è vendere prodotti. Il mio mestiere è creare relazioni con i clienti». Con queste parole Giorgio Santambrogio, partecipando alla sesta edizione di Big&Small “Dedicato al futuro”, ha iniziato il suo intervento focalizzato sull’evoluzione dei concetti di consumi, consumatori e fedeltà.

Dopo il protagonismo del prodotto di marca, negli anni ‘70, e dopo quello del punto vendita, anni ‘80 – ha proseguito l’Amministratore delegato del Gruppo VèGè – con il terzo millennio abbiamo inaugurato l’era in cui il protagonista è l’individuo, che non è un mero consumatore, acquirente o cliente, ma una persona con la quale, attraverso l’attività di customer relationship management, stabilire una relazione personalizzata. Le promozioni taglia-prezzo, cresciute sempre più per intensità e pressione, hanno perso efficacia e non vanno più bene. Oggi a funzionare è la logica delle promozioni personalizzate. Per questo i signori del retail devono avere la capacità di individuare chi sono i clienti e tracciarne dei profili per conoscerne esigenze, ragioni, comportamenti in modo da soddisfarli uno a uno. Al cliente piace essere riconosciuto, coccolato, vezzeggiato. Il cliente ama e desidera essere premiato».

 

 

Per questo Santambrogio indica come mission del settore del retail la prossimità: «La distribuzione, grande, piccola o associata che sia, deve vendere vicinato, vendere prossimità fisica e psicologica al cliente. Il punto vendita diventa così point of meeting, un punto di creazione di relazioni con i clienti, un punto di aggregazione dove l’individuo incontra ciò che va a comprare, non solo in termini di prodotti ma anche in termini di servizi e di valori. Nel punto vendita moderno dobbiamo ricreare, con la tecnologia, il rapporto che mia nonna aveva col signor Luigi, che sapeva che il cotto lei lo voleva con un po’ di grasso. Questa logica – conclude Santambrogio – si applica al grande come al piccolo. Smettiamola di considerare che piccolo è arretrato e grande è moderno. Non è così. Anzi il piccolo, più piccolo è, più deve essere moderno per sopravvivere».

 

 

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